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Flamenco

 

Purtroppo le origini del flamenco sono molto incerte, a partire dall’origine del suo stesso nome. La parola “flamenco” in lingua spagnola significa “fiammingo” e si riferisce probabilmente alla provenienza di alcune popolazioni gitane che arrivarono dall’Europa del nord sino in Spagna. Infatti, si ipotizza che il flamenco sia stato generato dalla fusione di balli e musiche tradizionali dei nomadi (gitani), mori ed ebrei che si stanziarono nella regione andalusa, nei dintorni di Siviglia, nella zona di Jerez de La Frontera e Cordova. Anche le popolazioni nomadi provenienti dall’attuale Pakistan contribuirono ad arricchire la musica del flamenco, avendo attraversato un quantità talmente elevata di regioni dell’Oriente e dell’Occidente da aver raccolto e portato con sé una ricca mescolanza di realtà e tradizioni differenti tali da influenzare la cultura di questa regione spagnola. Essendo analfabeti, i nomadi tramandavano oralmente i loro usi, attraverso soprattutto rappresentazioni dal vivo di storie e costumi tipici. Mescolarono la loro lingua con gli idiomi locali, in questo caso col castigliano dell’Andalusia, l’ebraico e l’arabo. La musica subì un’evoluzione anch’essa, generando uno stile malinconico e ritmato che caratterizzò il periodo dell’integrazione gitana, costellata di persecuzioni cattoliche che comprendevano altresì violenze fisiche. Di conseguenza alcuni studiosi affermano che la parola “flamenco” possa significare “contadino nomade/senza terra”, divenendo presto sinonimo di gitano. Altri lo associano invece alla parola “flamencos” ovvero “fenicotteri”, basandosi sui colori e l’originalità dei vestiti tipici di queste popolazioni nomadi. È evidente quindi che non si possa tracciare una vera storia del flamenco, data la scarsità di fonti certe su cui potersi basare: le sue origini si perdono nella notte dei tempi, aumentando il fascino misterioso si una danza così sensuale e al tempo stesso disperata.

La musica, gli strumenti e gli stili del flamenco
In origine la chitarra (“toque”) non era presente nelle musiche che accompagnavano la danza (“baile”), costituite principalmente dal solo canto (“cante”): venne introdotta all’inizio del Novecento e riscosse un grande successo, caratterizzando ancora di più uno stile già ritmato. Veniva rappresentato in piccoli caffè ed era prerogativa femminile esibirsi in questo ballo. Il fandango, un flamenco più lento e leggero, getta le basi per una trasposizione sul palco di tale danza, che inizia ad essere rappresentata anche in opere teatrali, conoscendo un successo ancora più grande anche nei paesi dell’America Latina. A metà nel Novecento il flamenco viene rappresentato in locali pubblici chiamati tablaos, in cui i ballerini potevano esibirsi su pedane di legno che valorizzavano i colpi dei piedi: infatti, il flamenco viene praticato con scarpe specifiche che grazie a dei chiodi sulla suola producono un suono secco ad ogni passo. In questo periodo inizia ad essere praticato anche da ballerini di sesso maschile: Joaquìn Cortès, Cristina Hoyos e Rafaèl de Cordoba sono alcuni tra i personaggi che hanno portato in auge il flamenco nei giorni nostri. Tra le mani, i ballerini di flamenco possono tenere alcuni strumenti come le nacchere (“castañuelas”), il ventaglio (“abanico”) e lo scialle (“manton”) che esaltano il movimento elegante e lento delle braccia, in contrasto con il ritmo incalzante dei colpi dei piedi sul suolo (“zapateado”). Per le donne, gli abiti sono sgargianti e spesso con dei lunghi strascichi (“bata de cola”) da far volteggiare con le mani.

Gli stili basati sul Toná, sul sofferente Soleá, sul lento Fandango, sulla disperata Seguiriya, sulla Ida y vuelta e a ritmo di Tango sono alcuni degli dei “palos” del flamenco: essi sono i ritmi di base da cui iniziare per ogni ballo, canto o musica. Se ne contano almeno 50 e ognuno ha un ritmo e delle partizioni differenti (dal ¾ al 4/4 ad esempio) e spesso vi si introduce il battito delle mani (“palmas”), dando vita a canzoni dette “coplas”.

La continua evoluzione del flamenco
Per definizione, il flamenco non può avere un carattere statico e rimanere invariato nel tempo: essendo figlio della cultura gitana, subisce continuamente influenze ed evoluzioni in base agli elementi con cui entra in contatto: nella seconda metà del Novecento il flamenco divenne fusion, mescolandosi con il jazz, il blues, la salsa e addirittura il rock, mostrandosi talmente sicuro delle sue forti origini da non temere le sperimentazioni che vennero fatte su di esso. Il flamenco ha da sempre un carattere universale che lo rende apprezzabile in ogni angolo del mondo, grazie anche a questa capacità di mescolarsi e adattarsi ad ogni influenza che lo investe, pur mantenendo il suo spirito gitano. La sua travolgente capacità comunicativa è evidente nel rapporto che si crea tra ballerino, musica, chitarra e musicista: sottintesi, dialoghi, sguardi. Tutto si fonde in un’esperienza sempre unica e originale che rimanda il pensiero al passato più ancestrale dell’uomo. L’essere umano, milioni di anni fa, fu anch’esso nomade e il desiderio di rimanere in un posto stabilmente sorse in seguito. Da qui probabilmente il fascino profondo del flamenco, che come fanno molte delle danze tradizionali, riesce a catturare lo spirito di ognuno portandolo in un universo emozionante e primitivo.

Il flamenco è ballo, musica, movimenti, spettacolo: se hai la fortuna di praticarlo ti accorgerai di come riuscirà a coinvolgerti a 360° e ad appassionarti fino nel profondo.

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